Asportazione della vescica con ricostruzione della stessa con intestino ileale Vescica ortotopica
La neoplasia della vescica è una delle neoplasie più frequenti in Italia. Il rischio cumulativo di sviluppare una neoplasia vescicale è intorno al 5% per gli uomini e <1% per le donne nel corso della vita. L’associazione tra fumo di sigaretta, esposizione ambientale, amine aromatiche (contenute in coloranti che sono attualmente banditi in Italia) e tumore vescicale è molto forte. La diagnosi avviene in seguito ad accertamenti per un sanguinamento nelle urine o in presenza di una spiccata urgenza e frequenza minzionale o avviene per caso in seguito a esami radiologici prescritti altri motivi. Nei casi in cui la neoplasia infiltra la parete muscolare o, seppur presente negli strati più superficiali della vescica, presenta caratteristiche di notevole aggressività biologica la cistectomia radicale è l’unico trattamento standard disponibile. Prima di eseguire l’intervento bisogna escludere, ragionevolmente, la presenza di metastasi con indagini mirate e accertare che il rischio operatorio sia accettabile. L’intervento consiste, nell’uomo, nell’asportazione di vescica, prostata, vescicole seminali e, nella donna, della vescica, dell’utero e degli annessi e di una porzione di vagina. In ogni caso è necessario asportare il tessuto linfatico in prossimità della vescica e dei grandi vasi pelvici.
Al termine dell’intervento è necessario ricollegare all’esterno i condotti che portano l’urina dai reni alla vescica, gli ureteri. La deviazione urinaria può essere effettuata con tecniche diverse. Si possono collegare direttamente gli ureteri alla cute dell’addome (ureterocutaneostomia), interporre tra la cute dell’addome e gli ureteri un segmento di intestino opportunamente isolato (deviazione urinaria secondo Bricker) o si può, sempre con un tratta di intestino, configurare una nuova vescica, fatta con l’intestino. L’ureterocutaneostomia e la deviazione urinaria secondo Bricker comportano il posizionamento di un placca con sacchetto intorno alla stomia per raccogliere le urine. Con la neovescica è possibile mingere per via naturale attraverso l’uretra. Il problema principale di gestione della neovescica nell’uomo riguarda la continenza urinaria e nella donna la ritenzione urinaria, ovvero nell’impossibilità a svuotare completamente la neovescica con tutto ciò che ne consegue. In entrambi i sessi la vita sessuale è infine decisamente compromessa. Per l’uomo è stata implementata una tecnica di cistectomia radicale eseguita con risparmio delle vescicole seminali e della parte posteriore della prostata. La tecnica, definita “potency sparing cystectomy”, consente di preservare la funzione erettine nella maggior parte degli uomini senza compromettere la radicalità oncologica o la funzione urinaria, che, in questo caso, è ripristinata praticamente alla normalità. Deve essere proposta soltanto a pazienti a minor rischio. Per la donna, il team, ha dedicato particolare attenzione alla prevenzione della ritenzione urinaria che è il problema a medio – lungo termine più frequente dopo ricostruzione della vescica. La ritenzione urinaria riconosce come principale meccanismo il prolasso della nuova vescica attraverso la parete vaginale anteriore che, a sua volta, determina un aumento dell’angolo tra nuova vescica e uretra (il condotto da cui esce l’urina all’esterno). L’aumento dell’angolo determina un aumento della resistenza allo svuotamento. La nuova vescica, essendo costruita con l’intestino, non può generare una pressione propria e deve essere svuotata passivamente. Pertanto un modesto incremento della resistenza allo svuotamento comporta un residuo urinario cronico che può alla lunga danneggiare i reni o determinare una acidosi metabolica che comporta la demineralizzazione ossea. In caso di ritenzione urinaria cronica può essere in alcuni casi necessario un auto cateterismo evacuativo (sino a 4 al giorno).
Diagnostica e gestione endoscopica del tumore vescicale
La diagnosi avviene in seguito ad accertamenti per un sanguinamento nelle urine o in presenza di una spiccata urgenza e frequenza minzionale o avviene per caso in seguito a esami radiologici prescritti altri motivi. La cistoscopia è una procedura ambulatoriale che consiste nell’introduzione di un catetere in vescica dotato di un sistema ottico che consente di diagnosticare una neoformazione della vescica. Se l’ecografia addominale o la TC dimostrano una lesione vescicale non è necessario eseguire la cistoscopia che va riservata a tutti i casi sospetti in cui gli esami radiologici non evidenzia alcun chè quando è dimostrata una neoformazione vescicale è necessario procedere alla rimozione endoscopica della stessa. Si tratta di un intervento chirurgico endoscopico, trans uretrale, in inglese TURB, che ha scopo bioptico e curativo. La TURB è eseguita usualmente con una tecnica di frammentazione della neoformazione sino ad arrivare al tessuto muscolare della vescica. I frammenti, separando parte esotifica da base d’impianto della lesione, sono poi esaminati da un patologo che determina quanto profondamente il tumore ha invaso la parete vescicale (stadio) e quanto le cellule tumorali sono diverse dalle cellule di origine (grado).
La TURB standard ha 3 limiti:
1) Con l’ottica tradizionale è possibile non evidenziare chiaramente i margini della lesione o altre lesioni vescicali. La conseguenza è un aumento delle ricadute dopo l’intervento di TURB. Con l’ottica NBI, una importante innovazione della TURB che ha messo in campo per primo in Italia e al mondo il team di UROPRO, diminuisce il numero di lesioni misconosciute e si riduce il tasso di recidiva.
2) La tecnica di resezione in frammenti rende più difficile il lavoro del patologo. Con la resezione in blocco della lesione il problema è superato.
3) La TURB tradizionale adotta, per la frammentazione, la corrente monopolare che pone a rischio, in verità modesto, il paziente a problematiche di dispersione della corrente elettrica o di riduzione dell’osmolarità plasmatica da riassorbimento del liquido che viene usato per l’intervento (normalmente la soluzione di glicina al 5%). La chirurgia bipolare elimina il rischio di dispersione della corrente o riassorbimento (invece della glicina si usa infatti per il caso una soluzione iso osmolare, la salina).
Nefroureterectomia
L'intervento di nefroureterectomia può essere eseguito per via chirurgica laparotomica tradizionale o con accesso laparoscopico transperitoneale o extraperitoneale. L’intervento ha lo scopo di eliminare il tumore evidenziato a carico del sistema escretore urinario attraverso esame urografia, TC, RMN, controllo endoscopico. Tale intervento consiste nell'asportazione del rene, del grasso perirenale, dell’uretere in toto e dei linfonodi loco-regionali. Vengono eseguite 4-5 mini-incisioni addominali (5-10 mm), mediante le quali vengono posizionati dei trocar utilizzati per l’insufflazione di anidride carbonica (CO2), necessaria per la creazione dello spazio operativo, e per l’introduzione di una telecamera e di strumenti chirurgici miniaturizzati. È possibile in corso di trattamento laparoscopico, per intercorse problematiche chirurgiche o anestesiologiche, dover convertire l’intervento in chirurgia aperta.
Il pezzo chirurgico asportato viene rimosso mediante una mini-incisione (6-8 cm circa) e inviato per esame istologico che consentirà di formulare la diagnosi definitiva.
L'anestesia è di tipo generale, l'intervento ha una durata variabile tra le 2h e le 4h, salvo complicazioni.
Essendo il rene contro-laterale normale l'intervento non avrà conseguenze sulla funzionalità renale.
Nel post-operatorio viene poi posizionato un catetere vescicale e un sondino naso-gastrico rimossi dopo circa 24-48 ore, mentre il drenaggio addominale verrà rimosso in 2-3a giornata, salvo complicanze. Verranno poi somministrati liquidi mediante infusione endovenosa fino alla ripresa della normale canalizzazione intestinale e somministrata terapia antibiotica e anticoagulante (Clexane 4000 UI al giorno, a partire dal giorno antecedente l’intervento, per 2 settimane).
La degenza post-operatoria è di 3-5 giorni, salvo complicanze. Il dolore post operatorio è modesto e potrà essere comunque controllato mediante terapia antalgica.
Dal mattino successivo all'intervento sarà possibile mobilizzarsi e dal giorno successivo riprendere l’alimentazione.
Dopo la dimissione si dovrà osservare un periodo di riposo di circa 2 settimane.
Complicanze
Rischi generici legati all'intervento: sono rischi comuni a tutti gli interventi chirurgici (embolie, trombosi, infarto miocardio, infezione della ferita chirurgica, etc).
La concomitante presenza di malattie cardiache, respiratorie o coagulatorie aumentano il rischio dell'intervento.
Rischi legati all'intervento e al post operatorio: emorragia intraoperatoria, lesione accidentale di visceri addominali, leakage urinario, sviluppo di diverticolo vescicale in sede di pregresso meato ureterale.
In base alla risposta istologica si valuta la necessità di eseguire o meno una radioterapia esterna o chemioterapia adiuvante.